Crisi adolescenziale

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  1. Bacco Tabacco e Venere
     
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    Non è una one-shot, ma non sapevo dove infilarla. In realtà non si può nemmeno prendere come un piccolo sfogo o uno scritto autobiografico, per niente proprio. Spesso mi infilo nei panni altrui, provo a ragionare con la loro testa e poi butto giù qualcosa. Credo che sia un ottimo esercizio per comprendere meglio qualcun altro; in un certo senso serve anche a ridimensionare il proprio ego. E poi è una cosa che mi piace molto fare.
    In ogni caso, questa volta la "vittima" è una ragazzina nel pieno della sua crisi adolescenziale. Ecco cosa ne è venuto fuori, vediamo un po' che ve ne pare. Oh, a proposito, mi ha ispirata "fiato adolescenziale" dei Verdena: a chi non la conoscesse consiglio vivamente di ascoltarla.

    Chiara.

    Crisi adolescenziale:
    Bacco Tabacco e Venere: (con rifermento URL al profilo.)



    Questa volta non mi lascerò intimorire dalla tua voce austera, poggerò le mani sui vetri e lascerò le impronte. Inciderò secoli con le punte delle unghie e pigerò con forza inseguendo le lastre fino a quando il cubo di cristallo non mi starà un po’ stretto. Chiamami pur mimo, per me sei soltanto cieca. Riuscirò a farmi bastare un paio di metri quadri e ci correrò dentro. Un quaranta di piede sulla lente del soffitto. Sputerò fumo grigio per sporcare l’aria: è la madre del vortice. Apri, chiudi, cresci, corri, rimani, sussurra, grida, alzati, siediti, scivola, sbriciola. Aborrisci continuamente i miei spasmi, ripudi esasperatamente la mia offerta: non gradisci un corpo nudo coperto di melma. Gratti via tutto con una spugna di crine, gratti con forza, gratti la pelle, gratti la carne, gratti le ossa, gratti le bambole, gratti l’innocenza, gratti il pudore, gratti l’anima. Soffio bolle tossiche dalla mia barba di schiuma: immersa nel bianco forato, nuoto. Quanto può mai essere profondo questo cosmo?! L’apnea è diventata un’abitudine: la dipendenza dall’ossigeno tienila per te, io posso benissimo farne a meno.
    Tanto lo so che sei arrivata al limite, lo so che lo supererai, lo so che la pazienza e la tolleranza sono evaporate al sole. Due pupille infuocate sono una prova sufficiente per la questura? Non so, a me bastano. Ti accendi lentamente partendo dai piedi, poi le gambe, il sesso, il busto, le braccia, il volto e le punte dei capelli; eppur non sembri soffrire. Ti accendi e quasi godi nell’afferrare un martello con desiderio: grandeggi sulla scena in tutta la tua brillante crudeltà, in tutta la tua rabbia repressa. Te l’avevo suggerito tempo fa di vomitarmela addosso: in fondo ero consapevole che prima o poi ti saresti lasciata vincere anche tu. Scagli la pietra chi è senza peccato. Non esiti a farlo, tu. Vedo l’amico mio assassino roteare in linea retta. È un moto violento questo, bye bye luogo naturale. Riuscire a vedere gli atomi strapparsi l’un l’altro, sentire il peso dell’aria, cogliere la composizione di ogni istante, imprigionare ogni spostamento nello spazio: credi sia qualcosa facilmente sostenibile?! L’immagine si restringe sempre più, si assottiglia e si annebbia fino a quando le palpebre non si abbracciano vigorosamente: attendo l’urto ora, attendo. Suoni logoranti e vibrazioni dell’anima: da brava cieca non ti sei neppur resa conto di aver frantumato il mio cubo. Il mio cubo. Chissà, mamma, forse non ricordi il tuo solido adolescenziale?!
     
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