ESSENCE - Storia di un'amore che si ripete

[seguito di Abstinence]

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  1. -•GoodNorthernMADAM«
     
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    Faccio questa pazzia.
    E la porterò avanti in modo lento...e possibilmente non doloroso.

    Purtroppo sono costretta ad aggiornare lentamente perchè non ho tanti capitoli pronti.
    Buona lettura!!
    xo xo
    Gio


    Titolo: Essence
    Autore: -•GoodNorthernMADAM«


    Prologo



    Terra. Europa. Italia. Lazio. Roma.
    La città eterna. La capitale. Non avrei mai detto che un giorno avrei potuto essere contenta di andarmene.
    Terra. America. Canada. Vancouver.
    È qui che la mia vita è cambiata.
    Il mio nome è Vanessa. E questa è la mia storia. La mia vera storia.




    CAPITOLO UNO
    La fine



    Distesa sul letto continuo a leggere Cime Tempestose, una cuffietta dell’I-Pod che lancia le note dei The Last Goodnight in Pictures of You; finché mia madre non decide di interrompere.
    “Vanessa! Hai cominciato a mettere via la tua roba?” grida mia madre dal pianerottolo. Uh, quasi dimenticavo: tra sette giorni ci trasferiremo tutti in Canada. Dove? Nell’eternamente fredda Vancouver. Tutta colpa di mia madre, Silvia, che è una donna così pragmatica e materialista da amare troppo il suo lavoro. A tal punto da trascinare tutta la sua famiglia.
    “No!” urlo in risposta.
    Sento i passi di mamma che si avvicinano: si è stancata di sbraitare. Entra senza bussare, come al solito, e – con un tono di voce un po’ alterato – dice: “Dovresti cominciare, manca solo una settimana!”
    “Lo so!” sorrido.
    “Potresti cominciare dai vestiti” si volta a guardare l’anta dell’armadio. O forse dovrei dire la mia cabina armadio. Sono una ragazza amante della moda, adoro vestirmi bene; motivo per cui mamma era stata costretta ad ampliare il mio misero armadio in una stupenda e magnifica cabina: il sogno di tutta una vita.
    “Si, così mi ci vogliono anni” ridacchio. Poso il libro, che tenevo ancora in mano, sul comodino.
    Il cellulare mi fa interrompere la conversazione con mia mamma che sbuffa spazientita. Alessandra, la mia migliore amica, sta chiamando.
    “Ehi, Ale!” rispondo.
    “Ciao, bellezza. Pronta per lo shopping?” accidenti! Me ne ero completamente dimenticata. Non so come mai ma ogni volta che parlo di shopping, o anche se solo ci penso, mamma intuisce tutto e mi trova qualcosa da fare. Come in questo momento: sbatte insistente il piede per terra e con una mano indica tutta la stanza, in special modo i miei vestiti.
    “Ehm, Ale…”
    “No! Avevi detto che avremo fatto le ultime compere a Roma…” sbraita lei dall’altro capo del telefono.
    “Non è colpa mia! Indovina chi mi ha dato l’arduo compito di impacchettare tutta la mia roba. Compresi i vestiti?!”
    Ale si lascia scappare un fischio “Buona fortuna!”
    “Aleee…daiii…”
    “No, Vane. Non se ne parla nemmeno…ma ti rendi conto che ci metteremo anni, se non secoli?”
    “Su, daiii…vieni a darmi una mano? Per favoooreeee” la supplico.
    “Sì, okay. Arrivo.” Attacca senza salutare. Lo so che è contenta sotto, ma molto sotto, perché spera di convincermi a regalarle quella maglia gialla che tanto le piace.

    Passano due ore tra chiacchiere di ogni genere, non mi rendo nemmeno conto del tempo che scorre. “Allora come va con Cime Tempestose?” mi chiede, mentre sto impacchettando tutti i libri della mia “poco” fornita libreria (sono solo un centinaio, che ci volete fare!)
    “Mmm…abbastanza bene. Non è semplice come romanzo, Cathrine mi sta antipatica ma comunque continuo a leggerlo…è interessante.”
    Non mi risponde, e quando mi volto la vedo fissare l’ultima cosa che era rimasta appesa alla parete a nord della camera: la lavagna di sughero con appese tutte le nostre foto.
    “Mi mancherai, Vane” mormora.
    “Non cominciare, Ale. Manca una settimana ancora…una settimana dove faremo baldoria fino allo sfinimento”
    Si volta, ha gli occhi lucidi come se stesse per piangere ma la vedo sorridere: sa che io mantengo sempre le promesse.
    “Quella lì lasciala così, verrà con me a Vancouver” dichiaro infine. Lei mi abbraccia di slancio. “E questa la lascio a te” alla fine cedo, tiro fuori da un appendiabiti la maglia gialla con le scritte nere che tanto le piace: fai i salti di gioia, la piega perfettamente bene e la mette in borsa, la sua mega-borsa stile Mary Poppins.
     
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    Tra un po' mi mettevo a piangere anch'io insieme ad Alessandra! Mi piace molto l'inizio. E poi scusa (lo so che non mi faccio mai gli affari miei, ma la mia curiosità supera ogni limite! Però oggi faccio la brava XD) ma la madre di Vanessa che lavoro fa?
    E poi, ovviamente, posta presto!
     
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  3. -•GoodNorthernMADAM«
     
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    CITAZIONE (LadyMuse @ 7/12/2010, 17:14) 
    Tra un po' mi mettevo a piangere anch'io insieme ad Alessandra! Mi piace molto l'inizio. E poi scusa (lo so che non mi faccio mai gli affari miei, ma la mia curiosità supera ogni limite! Però oggi faccio la brava XD) ma la madre di Vanessa che lavoro fa?
    E poi, ovviamente, posta presto!

    Ma lo sai che mi fai sempre domande alle quali o non posso o non so rispondere? xD
    Comunque provo a risponderti . . . non ho mai pensato dettagli precisi sul lavoro della madre di Nessa, l'avevo immaginata come manager di un'importante società con sede legale a Vancouver e che ha diverse filiali all'estero. Niente di più preciso come vedi, magari svilupperò la questione in qualche capitolo più avanti...sto avendo qualche idea or ora.
    La madre è un personaggio di sfondo che vedremo poche volte . . al contrario del padre, che vedremo in particolarissime occasioni di cui ora non accennerò assolutamente. :D
     
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    uok! Come sempre le tue risposte sono esaurienti. Bene, aspetterò con molta calma il seguito XD
     
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  5. -•GoodNorthernMADAM«
     
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    Eccomi qui con il secondo capitolo.
    Lasceremo Nessa e Alessandra, la prima in partenza per Vancouver ...per andare a trovare un'altra famigliola di nostra conoscenza. Chi?
    Buona lettura!
    xoxo
    Gio


    CAPITOLO DUE
    Trasloco



    C’è un gran trambusto in casa: Alice che schizza a destra e sinistra con montagne di vestiti tra le braccia, Jasper che la segue con altrettanti vestiti, Edward che impacchetta cd su cd alla velocità della luce, Bella che ordina i suoi vestiti con tanta di quella precisione da far star male, Emmett che circola per casa nullafacente come al solito, Rosalie che cerca invano di far entrare tutti i suoi vestiti in modo teoricamente ordinato, Carlisle che porta dentro scatoloni giganteschi solo per la sua libreria personale, Esme che mette in salvo tutti i vasi e le ceramiche di casa.
    Aiuto! Vorrei poter uscire da qua, perché è tremendo. Sembrano degli umani in piena crisi esistenziale.
    “EVELINE!” ecco, lo sapevo che quel momento sarebbe arrivato. Chiudo il mio libro e rispondo “Che c’è?” so che riescono a sentirmi anche se parlo normalmente: non per nulla siamo vampiri.
    “Hai intenzione di fare tutto all’ultimo secondo come sempre?” è Daniel che rompe le scatole: ormai lo considero un po’ come un mio fratello più grande; Bella dice che ci assomigliamo un sacco. Beh, anche se lo dice lei, io non ci credo comunque.
    “No. E a te che ti importa?” chiedo, irritata.
    “Perché tanto vale che questa diventi completamente una casa di matti, stoni con il resto degli inquilini, e poi la tua camera è un tale macello…”
    Un momento. “Sei entrato in camera mia?!” ringhio, raggiungendolo sul pianerottolo in una frazione di secondo.
    “Chi? Io?”
    “No il papa!” gli rispondo.
    “Guarda il papa non è venuto in visita ultimamente, ma magari…” mi prende in giro “Forse a Natale”
    “Idiota!” gli tiro un pugno su una spalla, e decido di darmi da fare. Ma solo per non far arrabbiare gli altri, visto che pare che abbiano così tanta fretta.
    Non è vero che la mia stanza è un macello: è solo leggermente disordinata. E poi io nel mio disordine trovo tutto, quindi è come se fosse in ordine maniacale. Alla faccia di Edward che tiene tutto in perfetto ordine alfabetico. Lui e Bella sono come i miei genitori, un po’ come Carlisle ed Esme lo sono per i Cullen. Non credevo che dei vampiri potessero convivere così civilmente, non dopo la mia esperienza con Ray, dove una rissa era all’ordine del giorno. Tuttavia devo ringraziare quelle risse: perché almeno so difendermi bene; tanto che spesso Emmett si diverte a stuzzicarmi per ottenere un po’ di lotta. Non ha ancora mandato giù l’ultima sconfitta subita dalla sottoscritta.
    Si sente ancora più confusione; mi avvicino al pianerottolo e vedo l’ingresso pieno zeppo di libri e Carlisle che si alza con in mano uno di quegli scatoloni che aveva portato su poco fa. Sotto di lui…c’è zia Rosalie. Mi fa strano chiamarla zia, ma lei ha detto che potevo. Oddio. Ha in mano un capotto di visone?
    “Scusami, Rose. Ero di fretta, la ditta di traslochi arriva tra dieci minuti” si scusa Carlisle, appoggiando lo scatolone solo su una mano e con l’altra raccoglie tutti i libri che sono finiti per terra e li lancia dentro facendo canestro ogni volta al primo colpo.
    “Accidenti. Ma guarda se sembriamo tutti degli umani sbadati…fa niente, Carlisle” mormora Rose, alzandosi e spazzolando i vestiti con una mano mentre l’altra regge il cappotto. “Oh, ciao tesoro” alza lo sguardo e mi sorride. Lei ha il sorriso più bello che io abbia mai visto, insieme a quello di Edward. “Tu hai finito?”
    “Ehm…a dir la verità, ho appena raccattato su tutte le cose sparse sul pavimento” abbasso lo sguardo.
    “Ti diamo una mano noi” due voci giungono al mio orecchio dal primo piano. E sulle scale ci sono Edward e Bella: lui le cinge la vita con un braccio mentre lei mi sorride. Bella è sempre così felice quando ha il suo unico amore a fianco: sprizza gioia da tutti i pori. Forse è per quello che va così d’accordo con Jasper.
    “I perfettini che hanno finito prima di tutti” li canzona Emmett, dal secondo piano. Rosalie lo ha costretto a darle una mano a fare le valigie.
    “Jaspeeer! Tesoro, vieni a darmi una mano!” si sa che tanto sarà solamente Jasper a svuotare quell’inferno di cabina armadio che è grande quasi quanto un negozio.
    Raggiungo Edward e Bella in camera mia, e noto che già tre valigie sono aperte sul pavimento, pronte ad accogliere le centinaia di vestiti di mia proprietà.
    So già dove devo mettere cosa: tutti insegnamenti della zia Alice. Pantaloni, giacche e magliette nella prima valigia, intimo e vestiti super corti nella seconda e scarpe nella terza. Sono valigie enormi anche per gli standard umani, talmente spaziose che potrebbe starci di tutto dentro.
    Edward sta già mettendo le scarpe nella terza valigia, mentre Bella si sta occupando della prima. A me tocca la seconda, così mi metto in mezzo a loro e comincio.

    “Grazie!” dico venti minuti dopo, quando le valigie sono perfettamente chiuse e fuori dalla porta.
    Loro mi abbracciano, a turno. Edward sparisce velocemente verso il soggiorno: probabilmente vuole portarsi dietro anche il pianoforte. È così bello vivere in questa famiglia: tutti così amorevoli, così contagiosi. Nessuno può immaginare quanto bene voglio ad ognuno di loro.
    Anche Rosalie ha finito di schiavizzare Emmett, o quasi visto che lo vedo scendere le scale con ben sei valigie in mano, mentre mormora “voglio vedere se ci stanno tutte e sei in macchina, cavolo”.
    Jasper è ancora alle prese con la cabina armadio di Alice, mentre lei saltella tutta contenta con due delle sette valigie in mano. Sette. Robe da matti.
    “Nella Porsche non ci staranno mai” scuoto la testa. Lei mi raggiunge e risponde “Infatti, nella Porsche ce ne stanno a malapena tre. Due le scarico a te, e le altre a Carlisle.” E scoppia a ridere, una risata cristallina.
    “Come al solito” brontola Carlisle dal piano di sotto.
    Quando arrivo in salotto, la ditta di trasloco è appena arrivata e Edward li aiuta a caricare per prima cosa il suo amatissimo pianoforte.
    “Occhio a non dimenticarti questo” Bella si avvicina e mi allunga il mio I-Pod touch. Il mio vero ed unico amore.
    “Santo cielo!” esclamo, non potevo certo dimenticarlo. D’altronde durante il viaggio cosa avrei ascoltato? Lo accendo e vedo che è completamente carico: bene. Mi avrebbe distratto dal pensiero di Daniel che doveva guidare. Si perché Edward mi aveva assolutamente vietato di guidare la sua Volvo.
    Però Daniel ha la sua buona qualità: adora la musica che ascolto io. Quindi probabilmente ci saremmo divertiti. Forse a Vancouver avrei potuto rivedere Alex. Io e lui avevamo un rapporto particolare, ma lui veniva poco a trovarci per via della poca amicizia con Edward. Non li biasimavo, scoprire di avere un fratellastro che non ti stima al cento per cento, è ovvio che lascia un po’ contrariato.

    “Tutti pronti?” chiede Carlisle, mentre Esme sale sulla Mercedes.
    La ditta è già partita, anche se noi saremmo arrivati con largo, se non larghissimo, anticipo rispetto a loro.
    Bella è già alla guida della sua BMW. Edward annuisce a Carlisle, guarda me con occhio critico come per avvertirmi e ricordarmi il suo divieto e poi sale sull’Aston Martin. Alice è alle prese con una delle tre valigie destinate alla Porsche: una leggera – si fa per dire – pressione e riesce a chiudere il baule con uno scatto secco.
    Rosalie sale sulla sua BMW, mentre Emmett carica il resto delle valigie sulla Jeep.
    “Ovvio” risponde Daniel a Carlisle, poi guarda me “Sali” e insieme saliamo sulla Volvo di Edward. Gran bella macchina, non c’è che dire, ma io vorrei almeno guidarla. Tengo i miei pensieri, cercando di non farglieli sentire: di sicuro non avrebbe gradito. Edward tratta la Volvo come se fosse una statua d’oro laccato.
    Carlisle parte sgommando, dietro di lui Bella – che è l’unica ad essere andata insieme ad Esme a vedere la nostra nuova casa.
     
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    wOw!!!!!!!!!!!!!!!!! Scusami, ma tu posti il secondo capitolo di ESSENCE e non mi dici niente???? Brava! :P
    Però voglio il seguito!!!!! Baci bella mia!
     
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    CITAZIONE (LadyMuse @ 24/1/2011, 16:15) 
    wOw!!!!!!!!!!!!!!!!! Scusami, ma tu posti il secondo capitolo di ESSENCE e non mi dici niente???? Brava! :P
    Però voglio il seguito!!!!! Baci bella mia!

    eheheheheh.... sorpresina!! Volevo farmi perdonare dato che era da parecchio che non postavo qualcosa di essence.
    Tra domani e mercoledì rivedo il terzo capitolo e spero prima di partire per Siviglia di postare anche il quarto. ;)
    Poi però ci sarà da aspettare di più perchè non ho più capitoli :P
     
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    tranquilla, fai con calma! Parti per Siviglia? Che bello!
     
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    CITAZIONE (LadyMuse @ 25/1/2011, 17:54) 
    tranquilla, fai con calma! Parti per Siviglia? Che bello!

    Si ... sono via cinque giorni ^-^
    Speriamo vada tutto bene dai
     
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    EDIT dell'ultim ora: non riesco a postare entro il fine settimana. :(
    Mi dispiace.
    Contavo di avere dei capitoli buoni, ma purtroppo sono scarsi e ho bisogno di integrarli.
    Spero che Siviglia porti consiglio ;)
     
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    Devo Ri-editare l'Edit di quasi un anno fa: Essence sta esalando gli ultimi respiri, incompiuta come la metà di tutto ciò che ho scritto in questi mesi. Non so se sono io che smettendo, ho fatto il disastro oppure ho perso la penna magica.
    Mi dispiace.

    Per ora non posso far altro che SOSPENDERLA, scusatemi. :(
     
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    Non ti preoccupare. L'importante è ritrovare la voglia e la passione per la scrittura. Sono sicura che ce la farai e che presto leggeremo qualcosa di tuo. =)
     
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    Sono così imperdonabile da anche solo OSARE postare davvero un terzo capitolo che non ho riletto, che non mi sembra granchè, anzi a dirla tutta lo trovo rivoltante. Ma non importa. A voi l'ardua sentenza.
    Ri-lasciamo per un secondo casa Cullen per andare da Vanessa.....e il suo primo giorno di scuola.
    Buona lettura.
    xoxo
    Gio


    CAPITOLO TRE
    La nuova, la diva




    Prego chiunque ci sia lassù di svegliarmi da questo incubo: andare a scuola. Credevo di poterla scampare visto che ero nuova, almeno per ambientarmi…e invece no. Eccomi qua, sveglia alle sette e mezzo appena uscita dalla doccia e disperata sulla scelta dell’abbigliamento.
    Mi avvicino all’armadio e lo contemplo, nella speranza vana che sia lui stesso a dirmi cosa indossare. Cosa ci si può mettere per il primo giorno nella nuova scuola americana? Senza pensarci molto prendo un paio di pantaloni bianchi a sigaretta, un maglioncino nero, le calze color carne e le scarpe nere. Non voglio dilungarmi molto su come sono le scarpe perché ci sarebbe solo una cosa da dire: pericolosamente alte.
    “Vanessaaaa! Muoviti che se no arrivi in ritardo! L’autobus passa tra dieci minuti!!!” il mio nome stava cominciando a diventare orribile, con tutti questi urli. Dovevo sbrigarmi a trovare qualche soprannome che non mi ricordasse l’Italia.
    “Accidenti” impreco sottovoce. Pure l’autobus. Figurati se la bella mamma si scomoda a portarmi a scuola. Dev’essere umiliante.

    Proprio perché oggi è una giornata perfetta: piove! Sono sotto la fermata dell’autobus da cinque minuti e già ne ho le tasche piene. È un miracolo se qualche macchina, passando, non mi ha lavata.
    I miei capelli ne risentono parecchio, sono già crespi “Dannata pioggia” impreco di nuovo. Comincio seriamente ad odiare Vancouver.
    Mentre sto per dire la quinta parolaccia di fila, un ombrello sovrasta la mia testa, una ragazzina dai capelli corvini mi sorride “Immagino che i capelli ormai non siano più in ordine”
    “ No decisamente” mormoro affranta.
    “Ti va se ti do’ un passaggio a scuola in macchina?”
    Proprio quando sto per bruciare il primo giorno nonostante l’offerta della ragazza, una macchina si ferma. È una Volvo, e alla guida c’è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto: pallido, occhi…dorati?, capelli color bronzo.
    Dev’essere la sua ragazza – penso, delusa. Dentro all’abitacolo si sente l’ombra di una lieve risata.
    “Coraggio sali, ci metteremo un attimo. Mio fratello guida come un pazzo”
    Fratello? Mentre salgo sui sedili posteriori osservo quei due, e noto qualche somiglianza ma non così tanto da farli sembrare fratelli. Mi avevano insegnato a non accettare passaggi dagli sconosciuti, però, beh, loro sembravano persone per bene; e sicuramente lo erano davvero.
    Accanto a me ci sono altre due ragazze, una biondina e una castana. Entrambe pallide e dagli occhi ambrati. La più vicina, la castana, mi sorride e allunga una mano presentandosi “Piacere, Isabella McCallen. Ma chiamami Bella.”
    “Vanessa Felici. Ma da oggi va bene anche Nessa, è il mio nuovo soprannome” Le stringo la mano. È fredda. È una cosa nuova per me conoscere persone così, per cui divento un po’ troppo loquace.
    “Vada per Nessa, allora. Sei italiana?” mi chiede di colpo il ragazzo alla guida, lanciandomi uno sguardo dallo specchietto retrovisore.
    “Sì, sono arrivata qui qualche giorno fa. Vivevo a Roma prima”
    “Che bella città. Ci sono stato una volta. Comunque, scusami, ho saltato le presentazioni. Io sono Edward Cullen”
    “Alice, sorellina pazza di questo qui a fianco. Mentre lei” e indica la biondina più lontana da me “è la sorellina rompi scatole di Bella” trilla la ragazza dell’ombrello, girandosi per esibire un perfetto sorriso.
    “Eveline McCallen” la ragazza più lontana mi allunga la mano proprio come aveva fatto Bella. La stringo, ed anche la sua è fredda. Tutte e due sembrano avere una presa ferrea.
    Beh, se Vancouver fa diventare tutti così, allora voglio rimanerci fino alla morte. – penso.
    Non mi accorgo nemmeno quando arriviamo nella scuola. È un posto enorme.
    “Scusatemi, torno subito” Alice si allontana verso un edificio color mattone, con il numero uno in caratteri neri.
    Intanto parecchi ragazzi e ragazze stanno voltati nella mia direzione, con gli occhi brucianti di quella che sembrava invidia. Poi seguendo il loro campo visivo, noto che stanno fissando anche le altre.
    “Ma perché tutti ci guardano?” chiedo a Eveline e Bella.
    La prima scoppia a ridere, facendo irritare ancora di più il gruppetto di cheerleaders che sta a un metro da noi. Bella la guarda, poi si gira e mi risponde “Secondo loro, noi siamo i più popolari della scuola da tre giorni a questa parte. Ma è solo perché siamo la cosa nuova…non so se capisci quello che intendo”
    “E quindi le pon pon sono gelose” intuisco. Eveline annuisce, ancora impegnata nella sua risata. Bella annuisce per poi voltarsi verso Edward.
    Solo in quel momento vedo le loro mani intrecciate, e pochi secondi dopo lui le bacia delicatamente la fronte. Stanno insieme, dovevo aspettarmelo. Però sono davvero carini – mi ritrovo a pensare.
    Alice fa ritorno, con in mano un paio di fogli “Questi sono il tuo orario e i moduli da firmare. Ti accompagneremo noi, abbiamo tutte le lezioni in comune” batte le mani contenta. Sembra quasi una bambina che ha appena ricevuto un regalo quando lo fa.
    “Daniel e gli altri saranno qui tra poco” mormora poi rivolta a Edward, che annuisce severo. Come un lampo, torna a rivolgersi a me “Pranzi con noi, oggi, vero?”
    “D’accordo. Credo che rifiutare sarebbe un grosso errore” non mi accorgo di averlo detto ad alta voce, finché Bella non ride. La sua risata sembra quella di un coro angelico.
    Una BMW bianca parcheggia accanto alla Volvo di Edward e ne escono quattro persone: tre maschi e una ragazza. Il primo a uscire è…è praticamente un armadio. Poi dal passeggero esce una di quelle modelle per riviste che ti mandano l’autostima sotto i calcagni: capelli biondi perfettamente pettinati, con nemmeno un ciuffo fuori posto. Un corpo perfetto, e dei vestiti perfetti (tutti rigorosamente di marca).
    Gli ultimi due a uscire sono un ragazzo moro, con i capelli spettinati, la carnagione pallida come tutti gli altri e un biondino. Il primo sembra uscito anche lui da un mondo di perfezione. Mi fissa, incuriosito. Imbarazzata, sposto lo sguardo e vedo Edward un po’ sconvolto.
    Se ne accorge anche Bella, e subito lui si affretta a dirle che sta benissimo. Si percepisce nell’aria che c’è qualcosa che non va.
    “Rose, lascia che ti presenti una persona” la voce di Alice arriva da dietro di me.
    Quando mi volto, lei è a braccetto con la bionda statuaria che sembrava rispondesse al nome di Rose.
    “Lei è Vanessa” trilla poco dopo “Le abbiamo dato un passaggio a scuola”
    “Certo che non cambi mai, Ali…” poi mi squadra da capo a piedi e si sofferma sulle scarpe “puoi chiamarmi semplicemente Nessa.” rispondo senza pensarci su.
    “Prima che le tue scarpe vengano consumate dallo sguardo di Rose, lei è Rosalie Hale” l’armadio che era sceso per primo, si è avvicinato a noi e dopo aver stretto un braccio in vita a Rosalie, mi sorride e continua “Ed io sono Emmett Cullen”
    “Piacere, Vanessa Felici.”
    “Ah…Italiana. Da quanto sei qui?” chiede il biondino, mentre mi ritrovo la sua mano lì ad aspettare una stretta “piacere, Jasper Hale”
    “Dall’altro giorno più o meno. Il piacere è mio” rispondo stringendogli la mano; anche lui ha un presa ferrea ma soprattutto fredda.
    “Ci vediamo a pranzo” dice Edward, mentre lui, Bella, Emmett e Rosalie si allontanano verso la propria aula.
    “Tu hai Economia con me” annuncia Alice “Andiamo!” e prendendomi a braccetto, mi trascina verso un altro edificio.

    Non sono abituata a comportamenti altezzosi, Roma e Vancouver non vanno a braccetto. In America le cose funzionano diversamente: o sei popolare, o sei una sfigata. E generalmente le popolari stanno lontane dalle sfigate gelose di loro.
    Questo era quello che si vedeva nei film, ma non sembrava fosse destinato a essere vero. Sto ascoltando attentamente il professore che spiega la lezione, chino sul suo libro di testo come me, quando sento un sussurro provenire dalla mia destra non appena alzo lo sguardo due ragazzine mi stanno fissando sbalordite. “Siete cascate male” sussurrò, facendomi sentire da entrambe ma non dal professore.
    “Bene” mormoro alzandomi dal banco a fine lezione.
    Subito davanti a me si fermano le due ragazze che stavano conversando su di me, e mi guardano dispiaciute.
    “Non sono qui perché ho combinato guai, e se avete qualcosa da ridire abbiate coraggio di venire di fronte a me…” incrocio le braccia, mentre Alice ci supera, sorride divertita e si ferma appena fuori dalla classe.
    “Ma…”
    “Non ho finito!” la interrompo. “E probabilmente mi avete detto sfigata per il semplice fatto che a voi – come a tutte le sfigate di ogni scuola americana – dà fastidio esserlo.” Detto questo, mi faccio spazio tra quelle due che ancora restano a bocca aperta.
    “Andate a spettegolare pure tutto alle vostre amichette” annuncio uscendo dalla porta.
    Vogliono la diva? La diva avranno.
     
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